Italiani, brava gente? 2006
“La nostra venuta, dal lato dello scopo umanitario, è stata perfettamente inutile. Ormai è chiaro che tutta la storia della guerra è stata gonfiata e che gli episodi dei Ministri e dei massacri quasi di sana pianta sono stati inventati da chi aveva interesse a fare in Cina una grande spedizione”. Queste parole, di sorprendente attualità, sono state scritte nel lontano 1900 dal tenente medico Messerotti Benvenuti, testimone della partecipazione italiana alla guerra contro i boxer in Cina, e sono riportate nel libro “Italiani brava gente?” di Angelo Del Boca (il sottotitolo «Un mito duro a morire» non compare in copertina); un libro da far leggere non solo ai giovani, ma a quelli che vogliono dimenticare e far dimenticare, a quelli che non sanno o non vogliono vedere quello che accade accanto a loro, a quelli, e sono troppi, che nulla sanno.
Nelle biblioteche e negli istituti storici vi sono racconti, testimonianze, ricerche su quasi tutti gli episodi qui narrati, ma si tratta di un patrimonio condiviso da relativamente poche persone, nonostante il lavoro e le molte pubblicazioni dello stesso Del Boca, di qualche altro storico e di rari giornalisti controcorrente.
Il principale merito del libro sta nella sintesi, accompagnata dall’efficacia e dall’agilità del racconto, nella forza delle fonti, nella trasparente onestà dell’autore.
Vengono presentati al lettore undici momenti, undici “pagine buie” della nostra storia e non solo della nostra storia coloniale: la guerra al brigantaggio; l’isola-lager di Nocra davanti a Massaua; la tragicomica partecipazione italiana alla campagna contro i boxer; stragi, sconfitte e deportazioni nella prima «impresa» libica; le infamie di Cadorna durante la prima guerra mondiale; i molti misfatti africani del fascismo, in Somalia, in Libia e in Etiopia; la repressione in Slovenia, della quale abbiamo parlato in occasione della premiazione lo scorso anno del libro “Il dolore e l’esilio” di Guido Crainz; infine la «resa dei conti», cioè il crollo del fascismo e la lotta di Liberazione, fino all’epurazione mancata contro i criminali fascisti.
In questo lungo dipanarsi di episodi di ferocia si riscontrano elementi di continuità in particolare fra l’Italia del Fascismo e la precedente Italia liberale, anche se sotto il fascismo, come in tutte le dittature l’aggressività e la ferocia si manifestano con maggiore sistematicità.
Le pagine più forti del libro sono forse quelle dedicate alla strage che seguì il tentativo di uccidere Graziani in Etiopia nel febbraio del ’37, o quelle in cui si descrive l’operato di Cadorna, il generale che, sordo a ogni protesta, mandava al macello i suoi soldati. Ma anche i civili non se la cavano troppo bene se si leggono le storie dei colonizzatori che la vanga la usavano, più che per scavar strade, per picchiare i contadini somali ridotti in stato di schiavitù. Ma di particolare impatto risulta il capitolo sulla lotta al brigantaggio: repressioni ed eccidi del tutto ingiustificati, campi di concentramento per meridionali.
Non fummo quindi migliori di altri, ma mascherammo e mascheriamo ancora, almeno ai nostri stessi occhi, le nefandezze che sono proprie di ogni guerra e di ogni campagna di conquista. Alla fine del libro, Del Boca salva soltanto le recenti operazioni di peacekeeping condotte dal nostro esercito sotto mandato internazionale e soprattutto la truppa disarmata dei volontari. Ci lascia così con un filo di speranza e di ottimismo per un paese che, barricandosi dietro il mito di una inventata diversità, ha nascosto, e continua a nascondere, le pagine più buie di una storia iniziata con l’unità d’Italia. Speranza e ottimismo che saremmo pronti a condividere qualora ci venisse presentato in TV il documentario della BBC «Fascist Legacy» (L’eredità del Fascismo), acquistato e tradotto dalla RAI e mai andato in onda, oppure se potessimo vedere in una normale sala cinematografica il film “Il leone del deserto”.
Infatti amnesia, mistificazione, censura coprono ancora molte pagine della nostra storia ed è per questo che la Giuria del Premio Letterario “della Resitenza” città di Omegna ha deciso di assegnare quest’anno il Premio ad Angelo del Boca per il suo libro “Italiani brava gente? – un mito duro a morire”, un’opera che ben si colloca fra quelle premiate negli ultimi anni, unite nell’obiettivo di denunciare i tentativi di manipolare la memoria.
Questo premio intende però anche essere un riconoscimento alla figura e all’opera tutta di Angelo Del Boca, combattente antifascista, uomo di grande impegno scientifico e civile.
Premio Scaffale
Ornela Vorpsi per “Il Paese dove non si muore mai”
“È il paese dove non si muore mai. Fortificati da interminabili ore passate a tavola, annaffiati dal raki, disinfettati dal peperoncino delle immancabili olive untuose, qui i corpi raggiungono una robustezza che sfida tutte le prove. Siamo in Albania, qui non si scherza”. Una bambina intelligente e curiosa, la sua scoperta del mondo in un paese che ha spento l’utopia nella barbarie e che non tollera dubbi né domande. Il racconto tagliente e irresistibile delle sue diatribe con Madre-Partito, delle sue esercitazioni militari, dei suoi giochi innocenti e sinistri; l’impertinenza del corpo che cambia sotto gli sguardi avidi dei maschi, il desiderio di fuggire come amara morale di un’acuminata “favola della dittatura”
Gualtiero Morpurgo per “Il violino rifugiato”
«A volte, durante la notte, ho la sensazione di essere un sopravvissuto senza meriti, colpevole di poter ancora guardare il cielo, di poter buttare giù un tozzo di pane, di poter stendere le gambe su un pagliericcio. Sopra la testa penzola il violino che sembra voler offrire il suo aiuto.»
8 settembre 1943. Gualtiero, un ingegnere ebreo, fugge ai rastrellamenti nazisti e repubblichini e cerca rifugio in Svizzera. Nel suo bagaglio ci sono paura, angoscia, ricordi e un violino. Viene accolto nei campi di lavoro per rifugiati civili dove, grazie alla musica, riesce a tessere una sottile trama di speranza. Diventa musicista, tiene concerti nei cantoni svizzeri ed entra in contatto con celebri personaggi, come Wally Toscanini, Nikita Magaloff, Paul Klecki.
L’armonia della musica contro la barbarie della guerra, la memoria contro la disperazione per la scomparsa dei propri cari, l’amicizia contro l’indifferenza: pagine che raccontano il tormento di un uomo in fuga con il ritmo melanconico e struggente di un «adagio»
Michael Tregenza per “Purificare e distruggere”
Tra il 1939 e il 1943, quasi due milioni di esseri umani vennero assassinati nelle camere a gas naziste. Per la maggior parte erano ebrei, ma anche disabili tedeschi e polacchi, prigionieri di guerra russi, rom e sinti, detenuti politici dei campi di concentramento. Le uccisioni di ammalati ritenuti un peso per la società, condotte nella Germania nazista a partire dal 1939, inaugurarono una pratica di sterminio delle “vite indegne di essere vissute” che avrebbe avuto il suo esito più catastrofico nel genocidio degli ebrei. Ripercorrendo il processo che portò alla morte di almeno 80.000 disabili, questo primo volume, relativo agli anni ’39-’41, apre squarci impressionanti sulla natura degli esecutori del programma di “eutanasia” e getta uno sguardo complessivo sulla radicalizzazione della violenza genocidiaria nazista.
Menzione Speciale
Oscar Luigi Scalfaro per “La mia Costituzione”
Protagonista di sessanta anni di vita politica italiana, Oscar Luigi Scalfaro affida a queste pagine non solo alcuni dei suoi più interessanti ricordi, ma anche la ricostruzione di alcuni passaggi cruciali della nostra storia recente, quali ad esempio la crisi del primo Governo Berlusconi nel 1994. Ne emergono avvenimenti sinora non sufficientemente noti, le motivazioni di alcune decisioni difficili e controverse, molte considerazioni inedite, e il ritratto dal vivo dei principali protagonisti della nostra storia repubblicana, dai padri fondatori della Costituzione ai grandi leaders della stagione della democrazia dei partiti sino alla generazione degli attuali governanti. Ma la più vera e indiscussa protagonista di queste pagine è la Costituzione, alla cui stesura Scalfaro – tra i più giovani membri dell’Assemblea Costituente – partecipò con commozione ed intensa presenza; e la Costituzione rimarrà per Scalfaro la vera stella polare che ha guidato la sua azione politica ed istituzionale. Naturale, dunque, che egli ne ricordi le origini che affondano le radici nella guerra di liberazione e che spiegano la larga condivisione con cui essa fu elaborata da parte di culture politiche che si erano in precedenza contrapposte. Altrettanto naturale che egli sottoponga ad una radicale critica l’attuale progetto di riforma che rischia invece di dividere profondamente l’Italia. Non un saggio, dunque, né un libro di memorie, ma in un linguaggio di grande immediatezza un intenso, partecipe viaggio dalle radici della nostra convivenza civile alle scelte che oggi ci confrontano.