Ausmerzen – Vite indegne di essere vissute 2012
«Questa non è la storia di Aktion T4, ma è come un narratore ha scelto di raccontarla».
Fin dalla nota dell’autore, Paolini stabilisce i termini del patto che stipula con il lettore. Si è imbattuto in una storia e ha deciso di raccontarla, documentandosi puntigliosamente, ma lasciandosi guidare dalle ragioni della narrazione. Man mano che il racconto procede, allineando fatti e stabilendo connessioni, la forza della parola scritta – non meno efficace della parola detta che ci ha accompagnato in tante altre storie – costruisce uno sguardo che assume man mano una dimensione etica, introducendoci nel cuore della tragedia che ha distrutto l’idea stessa di civiltà in Europa. Incontriamo l’arroganza smisurata di chi si ritiene in diritto di stabilire chi sia degno di vivere e chi no, il disprezzo assoluto per ogni idea di limite, l’incapacità di fare i conti con la complessità infinita della realtà umana.
Cominciamo, così, quasi inavvertitamente a interrogarci sul fondamento delle nostre convinzioni, sulla nostra capacità di stabilire dei punti fermi da opporre all’orrore, sulla linea sottile che ci separa dalle aberrazioni. Dove comincia il punto di non ritorno? Come facciamo a invertire certi piani inclinati che ciclicamente sembrano imporsi all’ordinato svolgimento delle faccende umane?
Questioni che sembrano sopraffarci, ma capiamo presto che non possiamo tirarci indietro, perché nessuno può fare il lavoro al nostro posto. Ce lo chiede lo sguardo di Hurbinek, che continua a interpellarci attraverso le parole esatte di Primo Levi. E capiamo, grazie al lavoro esatto di Marco Paolini, che il vero punto fermo è l’assoluta necessità di non lasciare indietro nessuno, come si è imposto di fare il sergente Mario Rigoni Stern.
Arrivare dopo, ma arrivare tutti. Insieme.